Testo
Emilio Cecchi, Il Gattopardo, dal romanzo al film
Le mie impressioni del film Il Gattopardo sono state assai intense e felici.
Non è molto che ancora si considerava con deciso sospetto, se non con vera e propria avversione, qualsiasi tentativo di derivare le immagini d’un film da un racconto o un romanzo d’autore.
Rimane tuttavia il fatto, per dirne una, che almeno una metà della più grande pittura prodotta nel corso dei secoli, fu ispirata da motivi nientemeno che del Vecchio Testamento, dei poemi dell’antichità classica e dei Vangeli.
L’elemento verbale fecondava l’elemento visivo. Il che non esclude che tanto il quadro che il film siano cose molto diverse dall’opera letteraria che può averli suggeriti e dalla quale s’intitolano. E che Il Gattopardo film non possa né voglia essere Il Gattopardo romanzo sebbene da questi abbia mutuato almeno una parte della sua sostanza vitale.
La materia e la successione degli avvenimenti del romanzo sono talmente note ch’è superfluo mettersi qui minutamente a rievocarle ed analizzarle.
Intanto sappiamo che, allo sbarco garibaldino a Marsala nel maggio 1860, la struttura feudale del regime borbonico sta crollando, quasi senza provarsi a resistere. La bravura con la quale il regista e collaboratori hanno estratto e sintetizzato gli elementi essenziali alla presentazione sullo schermo, conferisce al Gattopardo un prestigio tecnico che per un pezzo, nella storia del nostro cinema, rimarrà esemplare.
Ma l’esempio più alto e mirabile della maestria con la quale sono ricomposti ed esaltati gli sparsi motivi del romanzo, cosicché essi acquistano nel film una potenza moltiplicata, è nel ballo palermitano a palazzo Ponteleone: ballo con il quale il film si conclude, e la cui durata è da sola più d’un terzo dell’intiero spettacolo. Ed anche dalla musica (nella quale è fra l’altro incluso un valzer inedito di Verdi) traggono una suggestione più patetica e talvolta quasi straziante, che di rado è concessa, in sé e per sé medesima, alla parola soltanto parlata e scritta.
È una combinazione innegabilmente ibrida di mezzi espressivi. Ma tale ibridismo, che ricorda quello del melodramma ed in genere dell’opera musicale, non perciò diminuisce o compromette la prepotenza degli effetti.