Il "Lavoro" negli enti culturali. Un Manifesto

A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso i temi del lavoro, della cultura delle classi popolari, dei sentimenti di quelli che, in maniera gramsciana, possiamo definire come i gruppi sociali subalterni, dei movimenti politici e sociali e delle organizzazioni a cui hanno dato vita, sono progressivamente scivolati nella marginalità, scomparendo dal dibattito pubblico, pur sopravvivendo come oggetto di studi specialistici e di intervento di enti culturali dedicati, lasciati in eredità dalla feconda stagione dei decenni precedenti, oppure nell’attenzione di settori della società più impegnati. In questi ambiti la marginalità si è risolta nella frammentazione, con un arcipelago di soggetti operanti (enti o singoli ricercatori) isolati, mancanti di reti stabili di connessione, di un quadro di riferimento comune a cui attingere e di un circuito dentro al quale confrontarsi.
Quest’esito è il risultato di una complessa convergenza di fattori politici, economici, culturali e sociali, che hanno caratterizzato un passaggio di secolo segnato dall’idea della “fine della storia” e che hanno iniziato ad essere indagati e ricostruiti negli ultimi anni, allorché hanno preso vita numerose iniziative che sembrano spie di un’inversione di tendenza, pur a tutt’oggi limitata nella sua portata, volta a ridare vigore alla presenza pubblica di queste tematiche ed a ricostruire legami fra i soggetti esistenti. Al moltiplicarsi di iniziative, pubbliche e di ricerca, si affianca l’emergere di una nuova generazione all’opera, in un panorama plurale chiamato a confrontarsi con le grandi trasformazioni intervenute negli ultimi quaranta anni ed a costruire una rinnovata cornice di intervento
L’elemento che accomuna tutte queste attività è la volontà di riportare le questioni del lavoro, intese nella loro accezione più larga come già richiamato, al centro del dibattito pubblico, culturale e scientifico. Un’esigenza che si fa ancor più pressante di fronte all’emergenza pandemica, che avrà ripercussioni sociali e sul mondo del lavoro di portata epocale, rispetto alle quali è urgente attrezzarsi.
Crediamo sia tempo di mettere a fuoco, in maniera aperta e pluralista, il ruolo che soggetti situati al crocevia fra il mondo degli studi e quello dell’attivismo nella società come gli archivi, le biblioteche specialistiche, i musei e tutti quegli enti che operano nel settore – con la duplice caratteristica di strutture di conservazione e di centri di produzione culturale – possono esercitare per dare il proprio contributo a questo rilancio, nella consapevolezza che la loro presenza, diffusa e radicata, costituisce un grande patrimonio documentario, tecnologico ed etnografico, nonché una risorsa per la conoscenza dei percorsi storici che danno forma al presente e per le politiche culturali del futuro.
Numerose sono le linee di intervento attraverso le quali il ruolo pubblico, culturale e scientifico di queste strutture può prendere forma e su cui sarebbe necessario investire:

- Sviluppare e approfondire un approccio al Labour o Worker’s Heritage – complementare ma distinto da quello dell’Industrial Heritage – riferito alla comunità o al settore di lavoro, e non al solo processo produttivo e tecnologico, capace di raccontare le storie, spesso a rischio di oblio, dei lavoratori e delle lavoratrici, delle loro comunità “popolari”, dei conflitti, della cultura e delle realizzazioni materiali ed immateriali dei loro movimenti, ed in grado di affrontare il tema dell’identità.

- Curare la conservazione documentaria, intesa in maniera ampia come carte, pubblicazioni, registrazioni audio, video e audio-video, fotografie, oggetti, utensili e materiali iconografici che testimoniano la cultura materiale e immateriale, tecnologica e politica, insieme alle collezioni specialistiche delle biblioteche. Le strutture devono percorrere la strada del pieno riconoscimento della documentazione, in tutte le sue forme, come “bene culturale”, superando un’idea di conservazione purtroppo ancora diffusa e legata alla “memoria” intesa come “monumento”, caratterizzata dal senso di nostalgia per il “come eravamo” o di mero ricordo dei tanti fatti tragici che segnano la storia del lavoro e degli ambiti popolari, per favorire lo sviluppo di un’idea di memoria pubblica che sia ricostruzione del passato, e cioè operazione storiografica, capace di riconoscere la funzione sociale e politica della ricerca e dello studio dei percorsi storici che disegnano il presente, assieme al ruolo sociale degli studiosi, preziosi alleati che valorizzano, fanno parlare i documenti e forniscono chiavi di lettura, analisi e interpretazioni, il cui lavoro queste strutture devono facilitare e supportare.

- Favorire la partecipazione, per le epoche recenti, al processo del “fare storia”. Le persone in carne ed ossa fanno la storia e sono in grado di contribuire alla sua ricostruzione e scrittura storiografica, sono cioè in grado di esprimere la propria voce e di “fare” la propria storia, insieme agli studiosi, in un processo democratico in cui l’authority viene condivisa, la memoria analizzata, investendo i protagonisti, che si fanno anche testimoni, e, nel caso di contesti locali o aziendali delimitabili, le comunità. Musei, archivi e biblioteche per loro natura sono luoghi di relazioni e aperti al pubblico, dove potranno essere messi in campo processi virtuosi tramite l’avvio di laboratori e workshop, tenendo presenti le esperienze nazionali e internazionali di riferimento, nonché approfondendo e sviluppando le campagne di raccolta di storie orali, moto presenti fra le attività implementate da questi centri, che consentono di coniugare felicemente partecipazione e creazione di nuove fonti, prestandosi anche alla restituzione sotto forma di prodotti culturali di ampia fruizione, purché realizzate con i dovuti criteri scientifici e il supporto di personale professionale e studiosi della materia.

- Potenziare la declinazione Labour del campo di attività definito come Public History con mostre ed esposizioni temporanee o permanenti, curando la presenza sui social network, tentando di raggiungere il maggior numero di utenti attraverso la creazione di prodotti multimediali ampiamente fruibili e costruiti tenendo a mente le specificità del pubblico a cui sono destinati. Tuttavia non si tratta semplicemente di fare cultura, segnatamente cultura storica, “in” pubblico, ma di farla anche “per” e “con” il pubblico. E non si tratta solo di fare buona divulgazione, ma di mettere al centro di queste attività la consapevolezza della funzione sociale e politica del nostro operare, capace di dare il proprio contributo per costruire l’idea di lavoro che informa la società, di rappresentare e dar voce alla storia dei lavoratori, delle classi sociali popolari e delle loro organizzazioni politiche, sindacali e produttive. Si tratta, in poche parole, di giocare la sfida della cultura egemonica, per contribuire, nel nostro piccolo, a rimettervi il lavoro al centro, utilizzando modalità largamente comprensibili e condivisibili dalla nuova classe di lavoratori e lavoratrici, con diverse origini, patrimonio culturale e linguistico.

- Implementare e migliorare l’intervento nell’ambito dell’istruzione, sia per la didattica scolastica che per la formazione degli adulti, favorendo l’adozione di una metodologia critica e partecipativa, proponendo documenti, contenuti, laboratori, corsi e lezioni. In quest’ambito rientra anche l’intervento sul calendario civile, a partire dalla data simbolo del Primo maggio ma non solo, da rafforzare e rilanciare. Intervenire nella didattica e nella formazione vuol dire contribuire alla formazione di una cittadinanza attiva che abbia a cuore le questioni del lavoro e degli ambiti popolari.

La messa a fuoco di questo ruolo non sarebbe quindi più solo patrimonio ad uso esclusivo degli storici e degli operatori culturali impegnati ma diverrebbe un fattore di creazione di “cultura” per un pubblico fatto di cittadini, lavoratori, organizzazioni sindacali, politiche e governative, generante opportunità in termini di capacità progettuali, di coinvolgimento delle persone, di azioni formative, di influenza nel dibattito pubblico e non ultima di possibilità di superare la marginalità di cui oggi soffrono i temi del lavoro. Le stesse organizzazioni sindacali, o gli enti locali, che dovrebbero essere gli interlocutori più interessati a implementare e finanziare progetti in questo settore, potrebbero giovarsi da una concettualizzazione di queste attività come politiche culturali più lineare e ordinata rispetto all’attuale contesto, caratterizzato da intriganti sperimentazioni che restano però spesso slegate fra loro. Infine, la costruzione collettiva di una cornice condivisa dentro cui operare risulterebbe utile nell’affrontare temi e passaggi di grande rilievo e sensibili, come la deindustrializzazione, i disastri ambientali, la nuova precarietà, per fare alcuni esempi, che necessitano urgentemente di essere affrontati dentro al quadro di una dimensione cognitiva capace di delinearne le traiettorie. Sono tutte questioni sul tavolo che investono gli enti culturali, intermedi per loro natura, e che speriamo possano dare vita ad una stagione di riflessione comune.

Giugno 2020


Primi firmatari

Stefano Bartolini – Fondazione Valore Lavoro
Debora Migliucci – Archivio del Lavoro
Eugenia Valtulina – Biblioteca “Di Vittorio”
Ilaria Romeo – Archivio storico CGIL nazionale
Valeria Cappucci – Archivio storico “Donatella Turtura” Flai-Cgil
Giuseppe Sircana – Archivio storico Cgil Roma e Lazio “Manuela Mezzelani”
Edmondo Montali - Fondazione Giuseppe Di Vittorio
Alessandro Portelli – Circolo Gianni Bosio
Pietro Clemente – antropologo culturale
Valerio Strinati – Istituto Ernesto De Martino (IEDM)
Fabrizio Loreto – Università di Torino
Alessandro Casellato – Associazione italiana di storia orale (AISO)
Giovanni Contini – AISO
Museo Casa di Zela
Claudio Rosati- Società italiana per la museografia e i beni demoetnoantropoligici (Simbdea)
Stefano Arrighetti – IEDM
Antonio Fanelli – Università di Firenze
Vincenzo Vita – Archivio audiovisivo del movimento operaio
Paolo Barcella – Università di Bergamo
Stefano Gallo – ISMED-CNR
Gianfranco Azzali – Lega di cultura di Piadena
Giuseppe Morandi – Lega di cultura di Piadena
Pietro Causarano – Università di Firenze
Giovanni Rinaldi – storico orale
Fabio Dei - Università di Pisa
Simone Neri Serneri – Università di Firenze
Sara Zanisi - storica
Ariella Verrocchio - Istituto Livio Saranz

Adesioni

Salvatore Lo Balbo - Dipartimento Territorio Cgil Sicilia
Francesco Cutolo - Scuola Normale di Pisa
Dario Cangelli - Comune di Bergamo, Centri Socio Culturali
Domenico Santagati - Istituto storico della Resistenza e dell'Età contemporanea di Pistoia
Gianfranco Francese - IRES TOSCANA
Letizia Cortini - Archivio Audiovisivo del movimento operaio e democratico
Egidio Siciliano - pensionato inps
Matteo Grasso - direttore Istituto storico della Resistenza di Pistoia
Patrizia Cacciani
Andrea Meccia
Rosangela Pesenti - UDI
Claudio De Biaggi
Lorenzo Cappucci
Concetta Damiani - Università di Salerno
Manuela Martinelli - Camera di commercio
Stefano Fabbroni - Associazione Lottava Rima
Annalisa Prota - Associazione Culturale DanzeassuD
Antonella Pagliarulo -  pubblicista
Gerome Noelle - CNRS
Marcello Gibellini - Cgil Bergamo
Agnese Palma
Milena Fiore - Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico
Dina Caprara
Chiara Innocenti - Operatrice Politiche Giovanili
Bruno Settis
Andrea Girometti - Istituto di Storia Contemporanea della Provincia di Pesaro e Urbino (ISCOP)
Rossella Del Prete - Kinetès - Arte.Cultura.Ricerca.Impresa. spin off unisannio
Mauro Del Corpo - Casa dell'Agricoltura
Raffaele Di Costanzo
Alessandra Pescarolo - già Istituto per la programmazione economica della Toscana
Edoardo Lombardi - Istituto storico della Resistenza e dell'Età contemporanea di Pistoia
Claudio Olivieri - Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico
Igor Pizzirusso - Istituto nazionale Ferruccio Parri
Giuseppe Perico - Cinema Conca Verde
Paolo Raspadori - Università di Perugia
René Capovin - musil - Museo dell'Industria e del Lavoro (Brescia)
Stefano Ventura - ricercatore indipendente
Aurora Palandrani - Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico
Mario Tosti - Università di Perugia
Weissen Kurt - Universität Heidelberg
Maria Pia Paoli - Scuola Normale Superiore
Chiara Bonaiuti -Centro di Documentazione Archivio Storico CGIL Toscana
Andrea Ottanelli - rivista Storia Locale Pistoia
Luisa Andreani - Fiom Bergamo
Roberto Villa - Biblioteca "Di Vittorio" Cgil Bergamo
Angela  Schiavo
Marta Baiardi
Catia Sonetti -  direttrice ISTORECO Livorno
Anna Antonini - Scuola Normale Superiore Pisa
Maria Grazia Meriggi - Università di Bergamo, Sislav
Luca Finazzi - Cgil Lombardia
Margherita Becchetti - Centro studi movimenti Parma
Raffaello Pannacci - Università degli Studi di Perugia
Andrea Giraldi
Maurizio Petrocchi - Università di Macerata e ICOM Marche
Federica Arnoldi - Università Degli Studi di Bergamo
Ilaria La Fata - Centro studi movimenti Parma
Giancarlo Pelucchi - responsabile Formazione sindacale CGIL nazionale
Claudia Mori - Museo MAGMA Comune di Follonica
Andrea Ranieri - Direttore rivista Luoghi Comuni
Nicolò D'Oria
Antonella Mulè - Direzione generale Archivi. Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
Elina Gugliuzzo - Facoltà di Scienze Umanistiche, UniPegaso, Napoli
Livia Galgano
Giulia Lorenzon - politiche giovanili e di genere Comune di Labico. Dott.ssa in Archivistica e Biblioteconomia
Guidarelli Guido - Associazione Cristalli nella Nebbia - Lottava Rima
Luigi Oggianu - Archivio Storico Foto-Cinematografico - Istituto LUCE Cinecittà
Edoardo Borruso - Universita' Commerciale Bocconi, Milano
Antonino Martino - Presidente Nazionale Spazio Solidale
Istituto Storico della Resistenza Senese e dell'Età Contemporanea (ISRSEC) "Vittorio Meoni"
Francesca Valtulina - sistema bibliotecario urbano Bergamo
Roberto Niccolai - Archivio Roberto Marini Oltre il Secolo Breve Pistoia
Simonetta Vella - direttrice del Centro di documentazione "Adriano Massazza Gal" della Camera del lavoro di Biella
Antonio Palmiro Spanò - Presidente Associazione culturale M.Arte
Giorgio Benvenuto
Fondazione Bruno Buozzi
Uliano Lucas - fotografo
Tatiana Agliani - storica della comunicazione visiva
Paolo Liverani - Università di Firenze
Lucinia Speciale - Università del Salento, storica dell'arte
Martino Dutto - archivista
Caterina Melappioni
Teresita Scalco - Università Iuav di Venezia, Archivio Progetti
Paola Sverzellati - Biblioteca del Seminario vescovile di Lodi
Italia Nostra Onlus - Sezione di Viterbo-Tuscia Viterbese
Fulvio Fiorentini - Italia Nostra Onlus
Maria Paola del Rossi - Università di Teramo
Federica Artali - Fondazione Aldo Aniasi
Antonella Olivieri
Giovanni Lanzetti - ORME
Serge Noiret - Istituto Universitario Europeo
Patrizia Cacciani - Archivio Storico Istituto Luce Cinecittà
Ilaria Moroni - Archivio Flamigni
Simona Inserra - Università di Catania
Giovanna Bosman - Fondazione Gramsci Roma
Marco Palma
Rosanna De Longis - Società italiana delle storiche
Massimo Mensi - Presidente nazionale APIQA CGIL
Apiqa Lazio
Enrico Cirillo
Sante Baldasso - Archispi CGIL Treviso
Ermira Behri - Fillea Cgil
Serge Noiret - Istituto Universitario Europeo
Iara Meloni - Università di Milano
Giovanna Cereseto - Camera del Lavoro di Genova
Stefania Ficacci - Ecomuseo Casilino ad duas lauros
Marco Bascapè - Archivio e Beni Culturali, Azienda di Servizi alla Persona Golgi Redaelli
Gadi Luzzatto Voghera - Fondazione CDEC
Massimo Tegolini - Biblioteca IIS Federico Caffè di Roma
Jayme Fadda - MuseoLab6 Milano Sud Ovest
Vittorio Sclaverani - Associazione Museo Nazionale del Cinema
Chiara Lusuardi - Associazione PopHistory
Marcella Filippa - Fondazione Vera Nocentini
Stefano Fabbroni - Associazione Lottava Rima
Concetta Brigadeci - Unione femminile nazionale


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