Caso Studio
Alcuni operatori di pubblica sicurezza (nel caso si trattava di Agenti della Polizia di Stato) fermarono, in orario notturno, per identificazione, 4 persone in un'area di sosta in cui avevano riscontrato la presenza di mezzi pesanti con i teli tagliati, accertando che si trattava di pregiudicati e di ricercati. I predetti soggetti si dettero alla fuga.
I quattro soggetti fermati avevano posto in essere un furto di materiale informatico, all'interno di un camion erano visibilmente persone pericolose, avendo precedenti per rapina a mano armata; erano sospettati di sequestro di persona, attraverso l'uso di armi, e destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere, finalizzata alla perpetrazione di furti e rapine.
L’agente M. esplose volontariamente un colpo di pistola, a mero scopo intimidatorio, prima di bloccare il D.P. e di cadere a terra, insieme a lui. Infatti, dopo l'esplosione di un colpo, a scopo intimidatorio, l’agente M., previo inseguimento, raggiunse e bloccò il D.P.. I due caddero a terra e, nel frangente, partì un colpo dalla pistola d'ordinanza che ne causò il ferimento e successivamente la morte avendolo attinto nella parte laterale, posteriore, destra, subito al di là della linea paravertebrale esterna.
La morte del D.P., secondo quanto risulta accertato nel giudizio di merito è correlabile, in via esclusiva, all'accidentale partenza di un colpo dalla pistola d'ordinanza, causata dal fatto che, come dimostrato dagli accertamenti balistici, l'arma, dopo lo sparo in aria, si era ricaricata automaticamente, portando il suo ciclo funzionale in singola azione. In questa situazione, la pressione da esercitare, per permettere alla pistola di sparare, era minima, ragion per cui, essendo rimasta l'arma schiacciata tra i corpi del M. e del D.P., che erano entrambi caduti a terra, partì il colpo.
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