Caso Studio - 6719
La mattina del 9 ottobre, all'apertura dell'ufficio postale, tre rapinatori, travisati e armati con pistole calibro 9 con matricola abrasa e In possesso, altresì, di una bomba a mano, oltre che di vari caricatori per le pistole, presentarsi all'apertura dell'ufficio postale e tentare di costringere il personale, minacciando l'uso delle armi, ad aprire la cassaforte; quindi attendere l'orario (le 9 e 30) del presumibile arrivo della direttrice dell'ufficio, facendo apporre all'ingresso un cartello nel quale si comunicava che l'ufficio avrebbe aperto per cause tecniche dopo le nove e trenta. La circostanza aveva suscitato il sospetto dei Carabinieri, che decidevano di sostare a bordo di un'auto di copertura di fronte all'ingresso, posizionandosi dietro a un furgone Fiat Fiorino. I tre rapinatori, che nel frattempo avevano prelevato denaro contante da alcune cassette metalliche, erano usciti dall'ufficio postale in stato di agitazione, travisati e armi in pugno, trascinando due impiegati presi in ostaggio. Spianando le armi era uscito dal mezzo un quarto rapinatore armato di fucile a pompa calibro 12, che aveva puntato contro i carabinieri. Era seguito un conflitto a fuoco nel corso del quale il rapinatore munito di fucile a pompa, identificato nella persona di B.S., fu colpito a morte, un altro si arrese ai militari, mentre gli altri due, travisati e in possesso di pistole, si diedero alla fuga per le vie di (OMISSIS), inseguiti dai militari. Nel corso dell'inseguimento furono esplosi numerosi colpi di arma da fuoco. Quindi, i rapinatori s'impossessarono di un furgone che transitava, minacciando con le armi le due persone che erano a bordo. L.P., il conducente, si rifiutò di avviare il mezzo, Pi.Lu., il passeggero, fu costretto a mettersi alla guida, ma non riuscì ad allontanarsi perchè bloccato da altre autovetture sopraggiunte. I rapinatori a quel punto presero a scappare a piedi. Nel frattempo furono esplosi alcuni colpi di pistola e il L. fu attinto al capo da un proiettile di rimbalzo, riportando le gravi ferite che dopo alcuni mesi lo condussero a morte. Durante l'inseguimento uno dei rapinatori, identificato come Ca., fu colpito alla gamba sinistra, l'altro, C., si rifugiò in un'abitazione e tenne in ostaggio sotto minaccia dell'arma la padrona di casa e i due figli, arrendendosi dopo trattative. Emerse che il proiettile che aveva colpito il L. era stato esploso dall'imputato.
Le indagini misero in evidenza sia che  il L. era stato colpito per effetto della deviazione e della notevole deformazione, sia che il P., sulla base di una erronea valutazione delle circostanze, gli sparò contro, avendolo scambiato per uno dei rapinatori. V’era la convinzione che acquattato al suolo fuori dal furgone si trovasse uno dei banditi (non avendo egli visto la fase in cui il L. fu sospinto fuori dal mezzo) e che costui potesse rivolgere verso di lui l'arma che nei momenti precedenti aveva utilizzato.
Giova evidenziare che al momento in cui P. esplose il colpo d'arma da fuoco che attinse il L. era in atto da parte dei malviventi un'azione violenta, non potendosi attribuire alla fuga posta in essere dagli stessi il connotato di resistenza passiva. Permanevano anche nella fase della fuga dei malviventi dei motivi di grave allarme che avevano caratterizzato la prima fase dell'azione, svoltasi dinanzi all'ufficio postale e culminata in un vero e proprio conflitto a fuoco. Prova dell'efferatezza della condotta dei criminali è riscontrabile nella fase conclusiva dell'azione, che ha visto il rapinatore C.A.P. rifugiarsi in un'abitazione privata e tenere in ostaggio, sotto la minaccia dell'arma, la padrona di casa ed i due figli di costei, prima di arrendersi dopo trattative.
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