IL TEMA
“Il rito festivo e il tempo della celebrazione festiva, in quanto tempo alto e solenne, diventa un’interruzione del tempo della vita quotidiana, e in esso è insito lo splendore dell’eterno”.
(Byung-Chul Han)
Tramandare, passare di generazione in generazione il sapere popolare, il folklore, la ricchezza e l’humus culturale e identitario di una comunità. Questo patrimonio è ricco e attivo più che mai. Ma forse non ne sappiamo abbastanza.
La società contemporanea, vissuta attraverso la lente della tecnologia, e di realtà e intelligenza artificiali, ha permesso una sorta di copertura di un substrato di realtà che apparentemente appartiene al passato; e sembra prendere distanze nette, nella forma e nella sostanza, rispetto alle tradizioni e i riti religiosi e magici. Nonostante questo però, la scoperta di tali rituali, sembra florida, e forse anche poco conosciuta.
Ma che ruolo hanno oggi le tradizioni che continuano ad essere sentite e vissute nella società contemporanea? Perché sentiamo ancora il bisogno di attingere alle nostre radici, siano esse viste nella loro dimensione festiva e rituale del sacro o del profano, e di partecipazione attiva cross-generazionale? Qual è la radice del “sapere popolare” e del substrato arcaico della tradizione?
La nostra call parte da tutte queste domande.
Fino alla fine del diciannovesimo secolo, era comune distinguere tra religione e paganesimo, e tra religione e superstizione. Il concetto di paganesimo era associato alle religioni non Cristiane, inclusi i rituali pubblici; mentre il concetto di superstizione o di magia, era riservato alla descrizione di inter-relazioni invisibili nel mondo, di cui né la scienza, né le religioni ufficiali, o il senso comune, potevano dare risposte.
Il filosofo Paolo Rossi racconta del “sapere popolare” usando queste parole bellissime: “Mentre la scienza tende a spiegazioni sempre "parziali", i sistemi mitici tendono a raggiungere, con i mezzi i più scarsi possibile, una comprensione "totale" dell'universo. [...] Il mito non riesce a dare all'uomo, un maggior potere materiale sull'ambiente, gli dà invece l'illusione di comprendere l'universo. Ma si tratta di un'illusione oltremodo ‘importante.”
Molta della letteratura e della documentazione in materia di magia e rituali, è spesso associata al Sud (italiano e del mondo). L’attenzione data agli antenati e agli spiriti ancestrali, che si trova più facilmente nelle società e nelle culture che hanno mantenuto un pensiero primitivo (come opposto a quello occidentale), ha a che fare con il concetto della continuità della vita stessa, e della sua fine. Ma non solo.
“Per capire la motivazione della diffusione di riti e magie soprattutto nel Meridione, bisogna andare a scavare nella “precarietà dei beni elementari della vita, nell’incertezza delle prospettive circa il futuro, nella pressione esercitata sugli individui da parte di forze naturali e sociali non controllabili, nella carenza di forme di assistenza sociale, nell’asprezza della fatica nel quadro di una economia agricola arretrata, nell'angustia memoria di comportamenti razionali efficaci con cui fronteggiare realisticamente i momenti critici dell’esistenza”.
(Ernesto De Martino, Sud e Magia)
Oltre alla natura esistenziale però, la ritualità e la magia, possono anche essere spiegate secondo il pensiero di Lucien Lévy-Bruhl: “la magia sarebbe una forma di pensiero primitivo e pre-logico, basata sulla «legge di partecipazione», che differisce dalla mentalità moderna dell'uomo occidentale, le cui rappresentazioni sono invece dominate dal principio dell'identità personale, rigorosamente distinta dalle altre individualità e dal mondo fisico. Il pensiero magico dei primitivi, al contrario, sarebbe caratterizzato da una costante partecipazione collettiva con l'universo, stabilendo legami di affinità tra i fenomeni, o di equivalenza tra un simbolo e l'oggetto a cui si riferisce.”
In un momento storico in cui si assiste irrimediabilmente alla perdita di molte certezze, al prevalere del pensiero individualista, alla crisi dei valori umani, alla difficoltà di comprendere l’importanza della connessione col sé, con l’universo e la natura, potrebbero la ritualità e la magia, essere una pratica poetica che consente di connettersi alle radici e all’origine del tutto?
E se quindi continuare a tramandare, documentare e interpretare le nostre radici fosse l’ultimo baluardo di salvaguardia della bellezza?
Potrebbe questa bellezza legata al sentire, all’importanza dell’essenza spirituale, permetterci di ridisegnare un mondo più connesso e consapevole delle energie che muovono l’universo, e quindi tracciare la strada per “salvarci” dalla devastazione dell’egoismo della contemporaneità?
Consapevoli dell’ambizione utopica della nostra teoria, siamo alla ricerca di progetti che rispondano al tema “radici” che, interpretando visioni personali di autori di tutto il mondo, attraverso i linguaggi della Fotografia, Illustrazione, Video, Suono, Installazione, Mixed Media, contribuiscono alla narrazione e alla mappatura della cultura popolare e magica in Italia, da nord a sud.