TESTO n. 1 (John Stuart Mill)
«Scopo di questo saggio è formulare un principio molto semplice che regoli pienamente i rapporti di coartazione e di controllo tra società e individui, sia che venga impiegata la forza fisica sotto forma di sanzioni legali, sia che venga impiegata la pressione morale della pubblica opinione.
Questo principio è il seguente: l’unico fine per cui gli uomini sono autorizzati, individualmente o collettivamente, a interferire con la libertà di azione di ciascuno, è l’autoprotezione; l’unico motivo per cui il potere può essere legittimamente esercitato su qualsiasi membro della comunità civilizzata, contro la sua volontà, è quello di prevenire un danno agli altri.
Il bene dell’individuo, sia fisico che morale, non costituisce una giustificazione sufficiente dell’interferenza. Un individuo non può essere costretto o impedito a fare qualcosa per il fatto che ciò sarebbe meglio per lui, o perché ciò lo renderebbe più felice, oppure perché agire così, almeno secondo l’opinione degli altri, sarebbe saggio e perfino giusto. Queste sono buone ragioni per fargli qualche rimostranza, per ragionare con lui cercando di persuaderlo o di scongiurarlo, ma non per costringerlo o procurargli un danno quando agisce diversamente. Interventi di questo tipo si giustificano quando la condotta da cui si intende farlo desistere è ritenuta tale da nuocere a qualcun altro.
Il solo aspetto della condotta per cui si è responsabili di fronte alla società è quello che concerne gli altri. Per la parte che riguarda solo se stesso, l’indipendenza dell’individuo è, di diritto, assoluta. Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente l’individuo è sovrano.
È forse appena il caso di dire che questa dottrina deve applicarsi solo agli esseri umani nel pieno delle loro facoltà. Non stiamo parlando di bambini o di giovani al di sotto dell’età che la legge stabilisce per divenire maggiorenni. Coloro che sono ancora in una condizione di tutela da parte degli altri, devono essere protetti dalle loro stesse azioni tanto quanto dalle offese esterne.
Per la stessa ragione possiamo evitare di prendere in considerazione quelle società arretrate in cui la razza stessa può essere considerata come minorenne. [...] La libertà, come principio, non si applica a quelle situazioni che precedono il momento in cui gli uomini diventano capaci di progredire in virtù della discussione libera e tra uguali. Fino a quel momento, gli uomini non possono fare altro che prestare obbedienza assoluta a un [...] Carlo Magno, se sono così fortunati da trovarne uno. Ma non appena gli uomini avranno acquisito la capacità di essere guidati nel loro progresso dalla convinzione o dalla persuasione (condizione già da lungo tempo raggiunta da tutte le nazioni di cui dobbiamo qui occuparci), allora la costrizione, tanto in forma diretta quanto attraverso pene e sanzioni a chi non si adegua, non è più ammissibile come mezzo per raggiungere il proprio bene, ed è giustificabile solo per la sicurezza degli altri.
È opportuno precisare che rinuncio a ogni vantaggio che potrebbe derivare alla mia tesi dall’idea di diritto astratto come cosa indipendente dall’utilità.
Considero l’utilità come il criterio ultimo su tutte le questioni etiche; utilità da intendersi però nel senso più ampio, fondata sugli interessi permanenti dell’uomo come essere che tende a progredire. Io ritengo che tali interessi consentano la sottomissione della spontaneità individuale al controllo esterno solo per quelle azioni che coinvolgono gli interessi degli altri.
Se qualcuno compie un atto lesivo nei confronti degli altri, c’è evidentemente ragione di punirlo attraverso la legge oppure, là dove le sanzioni penali non sono applicabili con certezza, attraverso il biasimo generale. Ci sono pure molti atti positivi a vantaggio degli altri che un individuo può essere legittimamente obbligato a compiere: come testimoniare di fronte a una corte di giustizia, fare la propria parte per la difesa comune o in qualsiasi altra opera collettiva necessaria all’interesse della società di cui si gode la protezione, e, ancora, compiere alcuni atti di beneficienza individuale, come salvare la vita di un nostro simile o intervenire per proteggere gli indifesi contro i maltrattamenti - cose che, evidentemente, in ogni caso l’individuo ha il dovere di compiere e della cui omissione può essere legittimamente chiamato a rispondere alla società.
Un individuo può causare danno agli altri non solo con la sua azione, ma anche con le sue omissioni, e nell’uno e nell’altro caso deve giustamente rispondere loro del torto. Per la verità, l’ultimo caso esige rispetto al primo una maggiore cautela nell’impiego della forza.
Rendere qualsiasi persona responsabile del male che fa agli altri è la regola; renderla responsabile del male che non impedisce è, comparativamente parlando, l’eccezione. Tuttavia ci sono molti casi abbastanza chiari e gravi da giustificare tale eccezione» (John Stuart Mill, Sulla libertà, I).